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Emergenza umanitaria in corso nella Striscia di Gaza e nei Territori palestinesi occupati

Il Coordinamento Nazionale delle Giornate di studio sul razzismo, in quanto rete accademica impegnata nella promozione dei diritti umani, della giustizia e dell’eguaglianza, esprime la più profonda preoccupazione per l’immane crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza e nei Territori palestinesi occupati.

Siamo di fronte a una tragedia senza precedenti: decine di migliaia di civili palestinesi, tra cui un numero impressionante di bambini, donne e anziani, sono stati uccisi, feriti o costretti allo sfollamento forzato. Intere comunità sono state annientate. Le infrastrutture civili – ospedali, scuole, impianti idrici e rifugi – sono divenute bersagli sistematici, in violazione palese delle norme fondamentali del diritto internazionale umanitario.

Questi eventi, ampiamente documentati da organismi delle Nazioni Unite e da autorevoli osservatori indipendenti, pongono interrogativi non più eludibili sull’effettività del diritto internazionale, sulla responsabilità penale dei vertici politici e militari coinvolti, e sulla tenuta del sistema multilaterale nel garantire protezione alle popolazioni civili in contesti di conflitto.

La recente ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia del 19 luglio 2024 ha ribadito, con chiarezza giuridicamente vincolante, che tutte le parti hanno l’obbligo inderogabile di astenersi da atti che possano configurarsi come crimini di guerra o crimini contro l’umanità, e ha imposto misure cautelari volte alla salvaguardia immediata della popolazione civile di Gaza. Il disconoscimento o l’inerzia rispetto a tali misure rappresenterebbe un colpo gravissimo all’architettura giuridica internazionale.

Come soggetti impegnati nella promozione di una cultura dei diritti, riteniamo che l’attuale contesto richieda un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni pubbliche, universitarie e culturali. Il silenzio, in momenti come questo, rischia di trasformarsi in complicità. La forza del diritto si misura nella sua capacità di proteggere anche – e soprattutto – i più vulnerabili, nelle condizioni più estreme.

A questo fine, il Coordinamento:

  • chiede la cessazione immediata delle ostilità e l’imposizione, da parte della comunità internazionale, di un cessate il fuoco duraturo, come condizione necessaria per la tutela della popolazione civile;
  • sollecita la riapertura stabile e sicura dei corridoi umanitari, sotto la supervisione delle Nazioni Unite, per assicurare l’accesso agli aiuti e garantire il diritto alla vita, alla salute e alla dignità delle persone sfollate;
  • richiama le parti in conflitto al rispetto integrale del diritto internazionale umanitario, delle Convenzioni di Ginevra e delle risoluzioni dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza dell’ONU;
  • invita le istituzioni italiane a rispettare e dare piena attuazione agli obblighi internazionali derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite, dal diritto consuetudinario e dalla Costituzione italiana (art. 11), nonché alle misure indicate dalla Corte Internazionale di Giustizia;
  • sostiene l’apertura di inchieste indipendenti e imparziali per accertare le responsabilità individuali nei confronti di crimini internazionali eventualmente commessi, anche nell’ambito delle procedure già attivate presso la Corte Penale Internazionale;
  • auspica la ripresa urgente di un processo politico multilaterale credibile, fondato sul riconoscimento del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, della sicurezza di tutte le popolazioni coinvolte e del rispetto simmetrico della dignità umana.

Il Coordinamento riafferma, con la stessa nettezza, la propria opposizione a ogni forma di razzismo, antisemitismo, islamofobia e incitamento all’odio. La denuncia delle violazioni del diritto non può e non deve mai essere interpretata come ostilità verso un popolo, una religione o una cultura.

La funzione critica dell’università non può esaurirsi nella produzione di sapere, ma si traduce nella capacità di dare voce alla legalità internazionale, quando questa è ferita e minacciata. Riteniamo dunque che sia oggi compito della comunità accademica esercitare vigilanza, diffondere informazione fondata e contribuire alla costruzione di un linguaggio pubblico improntato a giustizia, responsabilità e pace.